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Fontanafredda presenta il futuro del passato: Mirafiore

Fontanafredda presenta la nuova linea di rossi delle Langhe Mirafiore, alla riscoperta della tradizione della casa e della produzione

Una degustazione tecnica nel già affolato Salone del Gusto di Torino il giorno della sua apertura, per scoprire la nuova linea di vini Mirafiore dalla casa vitivinicola Fontanafredda ... l'invito mi arriva lunedì, e accetto volentieri la fatica (andata e ritorno in blitz, da sola in treno) per poter assaggiare in anteprima assoluta i 4 nuovi vini di Mirafiore, ricercata linea alla riscoperta della tradizione di Fontanafredda. Ne è valsa la pena. Non solo per i vini, che sono stati unanimente acclamati da tutte le guide e gli esperti, ma per la stessa degustazione, organizzata in modo originale dall'istrionico Oscar Farinetti. Ospitati nella sala azzurra del Salone del Gusto un centinaio di giornalisti e stakeholders, seduti e in piedi, hanno ascoltato per due ore 4 esperti che parlavano di vino, accompagnati da Gian Maria Testa alla chitarra e l'illustre professore Gian Luigi Beccaria.

MIRAFIORE: la ricerca del passato

La storia di Mirafiore è lunga e appasionante; inizia nel lontano 1897, quando viene pubblicato il primo listino dei vini della nuova casa vitivinicola di Serralunga d'Alba, fondata da Emanuele, conte di Mirafiore e Fontanafredda, figlio naturale di Vittorio Emanuele II e della "Bela Rosin", Rosa Vercellana. Emanuele di Savoia, chiamato “El Cont vej” (il Conte vecchio) o anche “El Cont Pare” (il Conte padre) era personaggio estroverso, un po’ eccentrico, certamente non convenzionale. Gli attriti col fratello Umberto, legittimo erede al trono, lo fecero uscire fin da subito dalla scena politica per dedicarsi alla tenuta di Fontanafredda di cui era unico erede. La tradizione popolare gli attribuì tre grandi passioni che, secondo gli stereotipi dell’epoca, si confacevano a ogni rappresentante della classe nobiliare: le donne, i cavalli e i vini. Fu invece imprenditore vero, e appassionato produttore e propugnatore del Barolo che, proprio grazie all’impegno e agli investimenti profusi dal Conte, vide accrescere la sua diffusione e la sua fama in Italia e nel mondo. Morirà a soli 43 anni, il 25 dicembre 1894, nel castello di Sommariva Perno, assistito dalla moglie e dai figli. Nei decenni che seguono la sua morte il successo del vino si amplia e il Barolo Mirafiore si afferma sulla scena internazionale. L'azienda cresce esponenzialmente fino agli '20 del 1900, quando, a causa della mala amministrazione del figlio, Mirafiore e Fontanafredda cadono in un lungo declino. Negli anni '30 i libri dell'azienda vengono consegnati al tribunale fallimentare. L'unica cosa che rimane è il marchio, comprato all'asta per la consistente cifra di 600 mila lire da Gancia, l'azienda leader in Italia per la produzione delle bollicine.

Un lungo silenzio fino ad oggi: Fontanafredda, la storica casa vitivinicola delle Langhe, ha scelto di intraprendere una faticosa ricerca dei metodi produttivi del passato per rinnovare parte della propria produzione e rafforzare l'impronta "politca" dell'azienda. GIà "politica": perchè la scelta di investire in uve prodotte senza usare diserbanti o additivi chimici, in metodi produttivi classici più lenti e "umani", in una produzione abbastanza limitata, è una scelta che ha a che fare non solo con la natura, ma anche con la gente che vi lavora, la dignità di un mestiere antico e il futuro di un territorio. E' con questi ideali che è nata la linea Mirafiore di Fontanafredda, una linea che riscatta gli antichi metodi produttivi alla ricerca di un vino "più vicino alla terra", come confessa il celebre partigiano Felice Marino, scelto come testimonial dell'avventura enologica. Dopo aver acquisito il marchio da Gancia l'anno scorso, finalmente è stata avviata la produzione. I primi quattro prodotti saranno anche gli ultimi: Mirafiore produrrà solo i vini tipici della zona delle Langhe, senza contraffazioni. Ed ecco dunque i quattro GGG che abbiamo potuto assaggiare ieri sera in anteprima: Dolcetto d'Alba, Barbera d'Alba, Langhe Nebbiolo, e Barolo d'Alba Superiore.

La degustazione, presentata da Oscar Farinetti, coinvolge l'enologo dell'azienda, ma anche Joe Bastianich a presentare il Barbera d'Alba, Gigi Piumati per il Langhe Nebbiolo e niente di meno che Enzo Vizzari per il Barolo Superiore. Fra di loro, a parlare di Dolcetto, di Barbera e di Barolo, il professor Beccaria, che conclude la degustazione con una lungo appasionato racconto della novella di Maria Giovanni, delle chansons à boire, dei Chevaliers de la Table Ronde e del vino come "medicina in ogni male", seguito da Gian Maria Testa che proprio la canzone della "Maria Giuàna" canta col pubblico.

Fra tutte le degustazioni tecniche, approfondite e interessanti, quella che più mi ha coinvolto (anche perchè sinceramente è il vino che mi ha stupito di più) è stata quella del Barbera di Joe Bastianich. Joe ci ha introdotto il vino nella sua travagliata storia all'estero, da "vinaccio" di immigrati a vino superiore, forse fin troppo altezzoso, negli anni '80, fino alla scoperta recente della sua vera matrice: quella di casa. Così lo definisce Bastianich: "Il Barbera è per me il vino delle persone, il vino della famiglia riunita". Su queste note assaggio il vino Mirafiore che più mi ha stupito. Lungo, consistente, acido all'inizio ma subito capace di farsi ricordare con dolcezza. Si sente tutta la famosa liquirizia del primo contatto, il profumo fruttato, la complessità dell'essere semplice. Un vino che rischia di essere banale e che Mirafiore è riuscita a far diventare importante senza perdere le sue origine schiette. Buonissimo!

A seguire, "in teoria", i piatti degli chef di "Del Posto" (il ristorante di Bastianich a New York che ha appena ricevuto le prestigiose 4 stelle del New York Times), accompagnati da due sorprese Renato Dominici, vera colonna portante di Eataly (assunto nel 2007, l'anziano celebre "ristoratore-gastronomo" de "Le Carmagnole", è il mentore culinario di Oscar Farinetti). Si è dimostrato assai vero quanto ha detto appunto Renato presentando il suo "Capezzolo di venere" (una "sublimazione" del Barbera in un involucro di cioccolato), ovvero, citando Orazio, "Eamus quo ducit gula": nel giro di pochi minuti, dall'alzarsi delle luci, i banchetti erano stati saccheggiati. Così, purtroppo non ho potuto assaggiare nulla, ma non me ne rammarico troppo, già il palato era entusiasmato dall'ultimo, eccezionale, bicchiere di Barolo che avevo sorseggiato.

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